S e t t a n t e s i m o giorno di quarantena…
Il 23 febbraio, quando ho appreso della sospensione delle lezioni per una settimana, a causa del coronavirus, devo dire che in principio sono stato contento di questa “mini vacanza”: ne avrei approfittato per riposarmi, leggere e avrei anche potuto studiare con più calma. Ma purtroppo avevo poco di cui essere felice e ancora non sapevo a cosa saremmo andati incontro. Con il passare dei giorni, al Tg, si sentivano però notizie sempre più negative. Quella che sarebbe dovuta essere una misura temporanea, per prevenire la diffusione di pochi focolai isolati dovuti a contatti diretti con la Cina, si è invece rivelata una vera e propria pandemia che, diffusasi in un primo momento in Italia, è poi dilagata in tutta Europa e in tutto il resto del mondo. Continuavo a ripetermi che presto sarebbe finito tutto: ma quel presto è diventato prima un mese… poi due mesi… Invece si è reso necessario quello che è stato chiamato lockdown: siamo dovuti rimanere tutti a casa. Sapevo che la situazione era abbastanza grave già dall’inizio, ma non pensavo che anche l’Italia avrebbe avuto un numero di contagi e morti così alto per una malattia che prima sembrava poco più di una semplice influenza. A questo punto era ormai chiaro che, per quest’anno, non saremmo più rientrati a scuola. Così, quel sentimento iniziale di entusiasmo si è trasformato nella tristezza di non poter rivedere i miei compagni, i miei insegnanti, i miei amici. La situazione era davvero pesante, almeno all’inizio. Poi però, poco alla volta, ci ho fatto l’abitudine.
Questo Coronavirus ha cambiato radicalmente la routine di ognuno di noi e ci ha portati a rispettare delle regole molto rigide al fine di debellarlo il prima possibile. Siamo stati costretti a rimanere chiusi in casa per ben due mesi: i miei uscivano solo per stretta necessità, io non potevo fare nemmeno quello e purtroppo tutti abbiamo dovuto cambiare drasticamente il nostro modo di vivere: la mia vecchia vita mi è stata strappata bruscamente e chissà quando potrò riaverla.
Quello che sarebbe dovuto essere un anno di divertimento e allegria, il mio primo anno alle superiori, si è trasformato in un anno di stress, di ansia, di paura e di noia e purtroppo non ho potuto viverlo appieno come avrei voluto. So di essere abbastanza grande da capire quello che sta succedendo ed è proprio questo che mi spaventa. Alla mia età è molto difficile accettare il distanziamento sociale, visto che per gli adolescenti stare insieme agli amici è una delle cose più importanti: per me è stato molto complesso accettare in questi mesi la lontananza e l’isolamento. Mi manca il non vedere le persone con cui solitamente trascorro tutta la giornata: chissà per quanto tempo ancora non potremo incontrarci…
Anche la didattica è cambiata, forse anche più di tutte le altre cose…: il mio liceo ha iniziato subito le video-lezioni, durante la seconda settimana di quarantena, e i professori hanno rapidamente imparato un nuovo modo di farci didattica. Così il programma è stato svolto e noi non abbiamo perso un anno di scuola; anche noi studenti abbiamo dovuto imparare a seguire le lezioni a distanza, usando una tecnologia diversa da quella con cui solitamente comunichiamo tra noi. Ammetto che per me, all’inizio, non è stato semplice perché io non sono molto tecnologico. Dapprima la didattica a distanza mi era sembrata anche divertente, ma dopo qualche tempo mi sono reso conto che non riuscivo a prestare sempre la massima attenzione, soprattutto alle prime ore del mattino o quando c’erano più lezioni di seguito, senza uno stacco. Mi sentivo distratto, confuso e spesso non riuscivo a studiare. L’idea di non tornare a scuola mi provocava angoscia. Non poter rivedere i compagni, i professori… non provare quel senso di contentezza di quando si cammina nei corridoi della scuola con lo zaino in spalla, il non sentire il brusio delle voci degli altri studenti o il suono della campanella, non vedersi fuori per la ricreazione… non avrei più potuto vivere niente di tutto questo.
Poi, pian piano, mi ci sono abituato. Ho iniziato ad apprezzare le video-lezioni, che anzi hanno dato alle nostre giornate un’apparenza di normalità, permettendoci non solo di andare avanti con la didattica, ma soprattutto di vedere persone e sorrisi al di fuori della nostra famiglia. All’inizio non pensavo che potessero funzionare, ma poi mi sono dovuto ricredere. Certo ci sono sempre mille problemi! Molte volte capitano delle interferenze o dei problemi di connessione, per cui riesco a capire solo la metà di tutto quello che viene spiegato. Confesso che, quando devo affrontare un’interrogazione o una verifica online, vado molto di più in ansia di quando le facevo a scuola; sarà che ho sempre paura che il microfono non funzioni o di schiacciare qualche tasto sbagliato e perdere quanto svolto nella verifica; e poi sono lento nello scrivere sulla tastiera. Inoltre, nel seguire le lezioni da casa, ci sono molte più distrazioni che in classe; oltre al fatto che è davvero una sensazione strana parlare davanti a un computer senza sapere se chi ti dovrebbe ascoltare lo stia veramente facendo o meno.
E poi a scuola ci sono delle regole precise per quanto riguarda orari, comportamento e tutto il resto. A casa invece non c’è lo stesso tipo di controllo, ma ognuno deve avere molta forza di volontà nel seguire: è sicuramente più difficile concentrarsi in un ambiente domestico. Prima camera mia era un luogo dove potevo rifugiarmi da tutto, ora invece è anche la mia aula. Mi manca davvero tutto quanto dell’andare a scuola: una cosa che non avrei mai pensato di dire! Mi mancano il contatto con i miei compagni, le battutine, le confidenze tra amici, il contatto diretto con i professori durante le lezioni. Le relazioni a distanza non sono la stessa cosa di quelle vissute a contatto diretto. La comunicazione è fatta non solo di parole, ma anche di tanto non detto: sguardi, sorrisi, il nostro gesticolare. Questo difficilmente passa attraverso lo schermo in una video-lezione o in una videochiamata. E mi mancano anche le cose più banali come l’infilarmi la giacca, prendere in spalla il mio gigantesco zaino per poi correre alla fermata dell’autobus. Solo il pensiero di poter, un giorno, rientrare a scuola, ora mi fa sorridere; mentre prima non c’era giorno in cui, come credo capiti a chiunque, non mi lamentassi di dovermi alzare ed uscire presto. Adesso sono le uniche cose che vorrei davvero poter fare. Mi è dispiaciuto molto sapere di non poter rivedere il mio liceo, la mia classe e i miei professori fino al prossimo anno scolastico, ma il provvedimento è stato necessario per il bene di tutti. Quando l’anno prossimo rientreremo, io so che mi verrà voglia di abbracciare i miei compagni e parlargli finalmente di persona, ma non potrò farlo perché saremo ancora costretti a rimanere distanziati, con i banchi divisi, tutti con la mascherina ma tutti con lo stesso desiderio di far tornare la nostra vita come era prima, come se questo non fosse mai successo…
Adesso la ripartenza è iniziata, ma il virus non è stato ancora debellato, quindi tutti noi dobbiamo avere un grande senso di responsabilità, perché francamente ho molta paura di potermi ritrovare nella stessa situazione di prima. Per ora il mio unico desiderio è quello di riavere indietro la mia “normalità”: i miei parenti, gli amici, la scuola, il poter viaggiare e trascorrere nuovamente le mie giornate all’aria aperta.
La sensazione è che, per colpa del Covid, tutti noi abbiamo perso qualcosa. Penso comunque che alla fine di questa pandemia non tornerà tutto come prima, non saremo più le stesse persone: saremo cambiati, per alcuni aspetti un pò più fragili, per altri un po’ più forti. Avremo riscoperto l’importanza dello stare insieme e non ci basterà più sentirci per messaggio. Ovviamente non è facile rispettare il distanziamento, ma se penso che un giorno saremo di nuovo liberi, di nuovo noi stessi, il cuore mi si riempie di speranza. Speranza per la vita, per il mondo, per tutte le persone che amo…: perché #ANDRA’TUTTOBENE!
Gli studenti della classe 1 M 2019/20
Parma, 3 maggio 2020