Who killed David Lynch?
Data: 4 Febbraio 2025
Tag: Cultura
Di: Fabrizio Melotti

Il 15 gennaio è venuto a mancare David Lynch. La notizia ha sconvolto tutti noi amanti del suo cinema, l’intero mondo cinematografico è in lutto amarissimo. Le parole si sprecano per definire l’enorme perdita, oltre che artistica, soprattutto umana. Una persona impossibile da non amare, per il suo umorismo unico, la sua voce ipnotizzante e i suoi discorsi di speranza. David Lynch non amava le etichette: nonostante sia conosciuto prevalentemente come regista, nasce come pittore e ha dato anche prova di essere un grande attore e musicista.
Il cinema di David Lynch ha incantato generazioni di cinefili con il suo stile personalissimo che reinterpreta completamente grandi registi come Fellini, Bergman e Wilder, pittori come Magritte e Bacon, le suggestioni tratte da questi autori vengono poi filtrate dalla sua singolare ispirazione in una sintesi unica e personale. Voglio ricordarlo rendendogli omaggio ripercorrendo la storia del suo cinema, che è sempre riuscito a toccarmi nel profondo dell’anima, parlandomi come pochi altri e facendomi crescere come persona.
Il suo esordio alla regia “Eraserhead” (1977) è già il suo primo capolavoro, amato da registi come Stanley Kubrick, si mostra nel panorama cinematografico come un autore completamente avanguardistico e fuori da ogni schema, in un film manifesto di ciò che verrà successivamente chiamato “lynchiano”. Tutto ciò che ci appare sullo schermo è come un incubo conturbante, sospeso come una bolla di sapone, indecifrabile, elegante ed evocativo nella messa in scena.
Lynch sarà poi ingaggiato per “The Elephant Man” (1980) che avrà un successo straordinario attraverso uno dei ritratti più delicati sulla condizione del diverso, un affresco grottesco di un emarginato che ci ricorda cosa significa essere umani.
Sarà invece più travagliata la produzione del kolossal “Dune” (1984), tratto dall’omonimo romanzo di Herbert, che riscuote pochissimo successo tra pubblico e critica a causa dei numerosi tagli che ne hanno reso la trama quasi incomprensibile, motivo per cui sarà poi rinnegato dallo stesso Lynch. Dune, forse il film più sottovalutato del regista, sancirà però l’inizio del sodalizio con il giovane attore Kyle MacLachlan, che per ricordarlo ha scritto: “I owe him my entire career, and life really, to his vision” (15/01).
Mi sono bastati i primi secondi della scena iniziale di “Blue Velvet” (1986), con la musica di Bobby Vinton e quei fiori rossi, per restare completamente incantato in quello strano sogno in bilico tra erotismo e morte. Blue Velvet è un thriller mai visto, da molti consigliato per addentrarsi nel cinema lynchiano, con i suoi psicopatici squilibrati, tende rosse in scenari da sogno e donne avvolte dal mistero.
Con l’inizio degli anni ’90 il regista comincia a lavorare anche per la televisione. Seppur frutto di enormi compromessi, la serie “Twin Peaks” (1990-1991) è il prodotto con cui il grande pubblico ha riconosciuto la maestria del regista americano che sarà preso a modello per tutte le serie psicologiche a venire (si pensi a “Lost”). Ogni volta che il pianoforte di Angelo Badalamenti suona le prime note della sigla di apertura e sullo schermo compare la scritta “Twin Peaks”, si è già entrati in quella strana cittadina al confine con il Canada e si è pronti ad incontrare i suoi abitanti e ad indagare sulla natura della Loggia Nera.
Per me saranno indimenticabili quei giorni d’estate caldissimi passati con i miei amici a cercare di scoprire chi avesse ucciso Laura Palmer, bevendo litri di caffè per guardare più episodi possibile e per imitare il nostro nuovo eroe, l’agente Cooper, uno Sherlock Holmes che si è dato alla filosofia tibetana.
Il primo film che ho visto di Lynch è stato però “Lost Highway” (1997), diventato sin da subito il mio preferito del regista. Fu una delle mie esperienze in sala più suggestive, nonostante il film non fosse un horror mi inquietò facendomi sentire come chi in un incubo si sente indifeso e inseguito da qualcosa che gli farà del male. Il terrificante Robert Blake è come una Morte (Settimo Sigillo) nata dagli incubi. Oltre alle musiche dell’ormai sempre presente Badalamenti, le canzoni di Lou Reed, David Bowie, Marilyn Manson (che compare pure nel film), Trent Reznor (Nine Inch Nails), Rammstein e tanti altri, rendono il film uno dei più rappresentativi degli anni ’90.
Dopo aver dato prova di tutta la sua oscurità in Lost Highway, con “The Straight Story” (1999) viene invece fuori tutto il cuore e lo spirito meditativo di Lynch in una toccante storia di fratellanza.
Nei primi anni 2000 David Lynch reinventa completamente il genere noir, proseguendo l’esperimento di Lost Highway, girando quello che diventerà il film più famoso del regista: “Mulholland Drive” (2001). Il film è una “love story in the city of dreams”, è una rilettura di due capolavori classici (“Persona” e “Sunset Boulevard”) dal finale ai limiti della comprensione. Un film al femminile concentratissimo e mai banale che considero uno dei migliori film del nuovo millennio.
Un altro film assolutamente sperimentale e da ricordare come massima espressione del suo genio è “Inland Empire” (2006), un’opera quasi dadaista, girata completamente con un digitale che permette sovraesposizioni di luce fortissima pur mantenendo l’ambientazione buia ed cupissima. Una rilettura ancora più grottesca e tesa di quello che era stato il più sognante Mulholland Drive.
“Twin Peaks: The Return” (2017) è un’opera altrettanto enigmatica; se non avesse avuto il sottotitolo “Twin Peaks”, dubito sarebbe riuscito a distribuirla per quanto è anticommerciale e fuori da ogni schema. Con uno stile molto più moderno rispetto a venti anni prima, ci regala uno dei finali più impressionanti della storia delle serie televisive, che troppo spesso devono piegarsi al circuito del mainstream in fase di sceneggiatura.
Non è un caso che Netflix bocciò la sua proposta di un cartone animato (Snootworld) perché troppo poco commerciale, oltre che la miniserie (Wisteria/Unrecorded Nights) a causa del lockdown.
Dopo la morte di Lynch sembra che sia cambiato tutto. Il giorno del suo compleanno (20 gennaio) i figli hanno organizzato per ricordarlo una breve meditazione di gruppo: “to send positivity into the universe”. Musica, pittura, cinema: secondo Lynch l’arte era vita. Anche se a causa del suo enfisema il pensiero della morte potesse spaventarlo, me lo immagino pensare qualcosa come: “you know about death, that it’s just a change, not an end” (Twin Peaks S3 P15).
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