Ucraina: una guerra che dura da otto anni
Data: 10 Marzo 2022
Di: Margherita Ferioli
“La storia procede come fiumi sotterranei che talvolta violentemente sgorgano in superficie”. Con queste parole Francesco Matteo Cataluccio, scrittore e saggista, ha descritto la crisi Ucraina, durante l’assemblea di istituto del Romagnosi il 25 febbraio scorso, sottolineando come le radici e gli intrecci storici del conflitto non vadano ignorati.
La Russia nasce infatti dall’Ucraina, il più antico stato monarchico slavo orientale, sorto nel IX secolo e comprendente i territori delle odierne Ucraina, Russia occidentale, Bielorussia, Lituania, Lettonia ed Estonia orientali. Raso al suolo dai conquistatori tartaro-mongoli, passò sotto la dominazione polacca, che importò un gran numero di ebrei per impiegarli come gestori delle proprietà, mentre il metropolita greco-ortodosso abbandonò nel 1328 la sua sede di Kiev, ormai decaduta, per trasferirsi a Mosca. Recentemente Putin e la propaganda russa hanno insistito sulla necessità di “demilitarizzare” e soprattutto “denazificare” l’Ucraina, che non meriterebbe solidarietà perchè “nazionalista e antisemita”, ma la storia della comunità ebraica ucraina rivela tutta la sua complessità. Nel mezzo del conflitto tra i contadini ucraini, appoggiati dai russi, e la nobiltà polacca, gli ebrei infatti si schierarono dalla parte di quest’ultima e furono oggetto di manifestazioni ostili da parte della popolazione e dei cosacchi, che, dopo la partecipazione alla Guerra russo-polacca (1654-1667) e alla significativa espansione russa, divennero nell’immaginario comune sinonimo di ucraini. Con la Rivoluzione russa del 1921, l’Ucraina divenne una repubblica socialista, ma il programma di collettivizzazione e requisizione delle terre imposto in seguito da Stalin causò tra il 1929 e il 1933 una terribile carestia, conosciuta con il nome di Holodomor, che nella sola Ucraina uccise circa 7 milioni di persone. Per questo, quando i tedeschi la invasero nel 1941, furono accolti come dei liberatori e il collaborazionismo di parte della popolazione diede luogo al massacro di un milione di ebrei.
La proclamazione di indipendenza dell’Ucraina è stata vissuta molto male dalla Russia, che ha da sempre fomentato le comunità russofone della parte orientale del Paese. Mentre le manifestazioni pro-europee, dette Euromaidan, sfociarono nella cosiddetta “Rivoluzione ucraina” del 2014 e nella messa in fuga del presidente filorusso, nella regione del Donbass iniziava invece una guerriglia con la partecipazione di elementi delle truppe speciali russe, destinata a protrarsi per i successivi otto anni.
“Quanto l’Europa è disposta a sacrificarsi e morire per l’Ucraina?” si chiede allora l’onorevole Francesco Berti, membro della Commissione Affari Esteri della Camera. La mancata espulsione dell’ambasciatore russo in Italia indica la volontà del nostro Paese di mantenere aperti i canali diplomatici con Mosca, ma quello che risulta chiaro è che sia giunto il momento di parlare di un esercito europeo.
Carola Mantini, laureata in relazioni internazionali, analizza infine il complesso contesto geopolitico in cui si inserisce la crisi ucraina: da un lato la prudenza di Turchia e Israele, coinvolti nella questione siriana in cui opera anche la Russia, dall’altro la responsabilità del Pakistan, interessato al ricollocamento del gas russo, e della Cina, che può sfruttare la distrazione dell’Occidente e della comunità mondiale per riprendersi Taiwan.
Margherita Ferioli