La maledetta sfortuna
Data: 8 Marzo 2022
Di: Anna Caselli, Sofia Manini, Anita Riccardi
“Io e la mia amica ci stavamo guardando in giro, c’erano i fuochi d’artificio e la musica” racconta così una delle vittime delle violenze del 31 dicembre a Milano. Nessuno si sarebbe aspettato che quello che doveva essere uno spensierato Capodanno si trasformasse in una notte di terrore e brutalità subite. Tra il 31 dicembre 2021 e il primo gennaio 2022 infatti sono state avanzate dodici denunce per molestie. L’unica giustificazione che viene data ancora oggi a questi atti di violenza è, come già scriveva Carlotta Vagnoli nel suo libro pubblicato nel 2016, “la maledetta sfortuna” di essere donne.
La maledetta sfortuna che non permette di separarsi dagli amici neppure per un momento in una città animata dai festeggiamenti di Capodanno.
La maledetta sfortuna che obbliga a sorridere alle battutine sessiste, ormai sentite costantemente, del tipo “non piangere come una femminuccia” per non sembrare la solita femminista incattivita.
La maledetta sfortuna che impedisce di uscire senza avere la solita preoccupazione “sono vestita troppo scollata?” o “il mio vestito è troppo corto?”.
La maledetta sfortuna che ha portato una delle dodici vittime di Milano ad affermare: “-All’improvviso, ho sentito questa folla di persone: specifico che intendo dire che ho iniziato a sentire molte mani che mi toccavano da dietro, sulle gambe e il sedere, (…) in modo ripetitivo. Sono stata toccata in particolare sulle calze, che difatti sono poi state strappate. Presto siamo state accerchiate, e ci siamo trovate attorniate da persone nordafricane. In particolare, mi sentivo toccare da quelli dietro di me, mentre altri, posizionati davanti a me, mi davano le spalle e urlavano (…)».
Parole crude che rivelano una verità difficile da accettare: nel 2022 non è ancora stata abbandonata la “cultura dello stupro”, e con essa altri fenomeni come il victim blaming (tendenza a colpevolizzare le vittime di molestie sessuali), rendendo la denuncia un atto che richiede sempre più coraggio.
Il coraggio di testimoniare e dunque di sottoporsi ai giudizi di una società di stampo patriarcale e ad un paradigma culturale ancora legato al passato. Ormai infatti sono diverse le generazioni di donne che condividono la paura e il timore di subire violenze inflitte da uomini senza distinzione di età, di origine o di condizione sociale. Ancora oggi, purtroppo, una ragazzina di quindici anni sa già cosa vuol dire sentirsi impotente di fronte ai fischi in strada e alle avance non richieste da parte di sconosciuti.
Questa forma di violenza però non riguarda solo le donne, coinvolge l’intera società, che deve impegnarsi e contribuire attivamente in modo da renderla un lontano ricordo.
È in giorni come oggi, 8 marzo, che dobbiamo riflettere su tematiche così forti e brutali, non limitandoci ad una ricorrenza annuale ma combattendo quotidianamente, insieme.
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