Interventi per la pace
Data pubblicazione: 3 Marzo 2022
Scritto da: Maria Chiara Priolo
Lunedì 28 Febbraio alle dieci e mezza a Parma, più precisamente in Piazzale della Pace, si è tenuto un presidio per la pace dopo l’invasione russa in Ucraina. Questa manifestazione è stata organizzata dai rappresentanti del nostro liceo e in seguito sono stati coinvolti anche altri istituti come l’Ulivi, il Melloni, il Bodoni, il Maria Luigia, il Sanvitale e il Bertolucci mentre hanno partecipato anche studenti di scuole che non avevano aderito a questa iniziativa.
Abbiamo voluto raccogliere qui gli interventi di studenti del Romagnosi.
Buongiorno a tutti. Oggi siamo qui per un solo motivo: la pace che mai come in questo momento ci è sembrata così preziosa. Anzi, spesso la consideriamo scontata. Eppure, in questi giorni, invece che gioirne, a pochi chilometri da qui si sparge il sangue degli innocenti, si bombardano ospedali. L’uomo, forse, ha scordato cosa significhi la guerra. Tra sofferenze, dolori, sangue uomini e donne forti sono costretti a dimostrare il loro coraggio in Ucraina difendendosi da un’aggressione ingiustificata, in Russia, protestando contro la stessa, esattamente come stiamo facendo noi qui oggi.
Come rappresentanti degli studenti del Liceo Romagnosi esprimiamo la vicinanza della nostra scuola al popolo ucraino, oggetto di un’invasione ingiustificata e ingiustificabile dalla Russia. Condanniamo profondamente questo atto di guerra, noncurante del diritto internazionale e della sovranità dell’ucraina auspicando che, con il supporto economico e diplomatico dell’Italia e dell’ONU si ritrovi la pace. Ad oggi, nel 2022, ci siamo abituati a pensare alla pace come una certezza. E siamo rimasti sconvolti, osservando il contrario. La pace non è più scontata: dobbiamo reimparare a cercarla, proteggerla, amarla, ogni giorno delle nostre vite.
Forse qualcuno vedendoci qui, si chiede se il nostro intervento oggi sarà effettivamente utile, ma può dare l’esempio ad Altri studenti in altre Città, ed esprime il nostro sostegno all’Ucraina ed anche ai giovani coraggiosi che in Russia protestano contro le decisioni di Putin, rischiando di essere arrestati. Chiediamo al Governo Italiano e ai governi del resto del mondo di adoperarsi al fine di creare nuovamente le condizioni per una pace duratura e, in questo senso, che continuino ad essere inflitte dure sanzioni alla Russia che condannino gli abusi perpetrati ai danni dell’Ucraina, facendo sì che la pace possa essere ristabilita.
E’ rincuorante vedere così tante persone qui stamattina. persone che vogliono la pace, la libertà del popolo ucraino. Alla fine, è questo che la gente vuole, nulla di più: vivere la propria vita libera, all’insegna della felicità. Vorrei terminare citando alcuni passi del monologo di Chaplin tratto dal grande dittatore: Tutti noi esseri umani dovremmo unirci, aiutarci sempre, dovremmo godere della felicità del prossimo. Non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. Non cedete a dei bruti, uomini che vi comandano e che vi disprezzano, ma abbiate la forza di fare sì che la vita sia bella e libera! L’odio degli uomini scompare insieme ai dittatori. Il potere che hanno tolto al popolo, al popolo tornerà. E qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa.
Simone Chiusa, Sebastiano Furlotti, Matilde Tiero e Mariasole Zanzucchi.
In questi giorni in Ucraina, davanti all’avanzata russa, davanti alla possibilità di perdere la sovranità sul proprio Paese, c’è chi si arruola volontariamente e sceglie di difendere il proprio popolo con le armi, come può. Non importa se non si è capaci di sparare, non importa se si si hanno 18 o 60 anni. Ciò che conta è proteggere il proprio paese, la propria identità di popolo, non soccombere davanti all’invasore. Resistere.
Ma c’è anche chi la pensa diversamente. Ilia, un tecnico informatico che vive a Kramatorsk, nel Donbass, intervistato da Francesca Mannocchi in un suo reportage degli scorsi giorni, pubblicato su La Stampa, parla così alla giornalista: «Zelensky ha chiesto due cose al Paese: armatevi come potete e donate sangue. Ecco, la sola chiamata a cui risponderò è la seconda, il sangue sarà l’unica arma con cui mi difenderò in questa guerra. Non voglio morire ma non voglio nemmeno uccidere, perché non è questa l’immagine di me che voglio dare ai miei figli, li ho cresciuti in un altro modo, in un Paese che aveva un futuro democratico davanti». A parlare, dunque, è un padre di famiglia, un uomo che ha deciso di non rispondere alla violenza con altra violenza, per quanto finalizzata alla difesa della propria terra.
Due scelte diverse. Ma entrambe di grande coraggio. Due Resistenze differenti. Ma entrambe volte a recuperare una pace brutalmente negata.
E mentre leggiamo le loro storie sui social, su un quotidiano, o le ascoltiamo al telegiornale è come se non ci credessimo. Facciamo fatica a realizzare. Non ci sembra vero. Non può essere vero. E davanti a questo sgomento anche noi, come si suol dire, “nel nostro piccolo”, dobbiamo fare una scelta: accettare o non accettare. Noi stamattina siamo qui perché non accettiamo. Constatiamo, ma non accettiamo. Constatiamo che si sta combattendo una Guerra, una vera e propria Guerra, in Europa, in quello che dovrebbe essere il cuore della democrazia, ma non lo accettiamo. Constatiamo che nel XXI secolo si pensa ancora al nucleare come deterrente militare, constatiamo che nel 2022 esistono ancora Stati con un arsenale nucleare, ma non lo accettiamo. Constatiamo che nel 2022 si devono organizzare in un bunker pseudo ospedali per bambini malati oncologici, che una donna deve partorire in un rifugio antibombe della metropolitana, perché fuori il rumore assordante delle sirene si mescola a quello paralizzante delle bombe che si schiantano contro gli edifici, e, quindi, anche contro i civili che vivono negli edifici. Lo constatiamo, ma non lo accettiamo.
Perché non è ammissibile che nel 2022 si sia ancora costretti a scegliere tra uccidere o salvare il proprio paese, tra immolarsi in guerra, difendendo la propria identità di popolo, o fuggire via, con i ricordi di una vita intera racimolati in pochi istanti di terrore e chiusi in una valigia senza destinazione.
Oggi siamo qui perché non lo accettiamo. Perché accettare vuol dire abituarsi poco a poco, senza neppure accorgersene. E ne abbiamo le prove: lo facciamo già. Basta pensare a tutte quelle guerre che si combattono nella cosiddetta “Altra parte del mondo”, come se il mondo fosse diviso in parti e non fosse uno solo.
Adesso che abbiamo avuto bisogno di una guerra vicina per renderci conto che parlare di pace non vuol dire parlare di una banalità, che parlare di pace è, purtroppo, più difficile che parlare di guerra, non arrendiamoci all’idea di dover accettare qualcosa solo perché non possiamo nel concreto respingere un esercito.
Sostenere la pace oggi vuol dire resistere alla cultura dell’accettazione, alla cultura del “se mi sento impotente, non faccio niente, perchè non posso fare nulla”. Sostenere la pace è una forma di Resistenza. La nostra.
Emma Nicolazzi Bonati
Prima di arrivare in questa piazza, per questa manifestazione ho dovuto giustificare alle persone che mi circondavano la mia adesione. Per molti questa manifestazione è inutile. Noi oggi, in questa piazza non fermeremo Putin e la sua invasione. Noi oggi siamo qui per perdere delle ore di scuola. Abbiamo colto una bella occasione per saltare l’interrogazione di storia.
Eppure mi stavo chiedendo come i capitoli della storia che studiamo, siano diventati capitoli importanti a tal punto che debbano essere base della nostra cultura generale. Non può partire tutto da un singolo. Quando in Francia c’era il regime monarchico probabilmente moltissime persone pensavano che sarebbe stato impossibile cambiarlo. Era così da secoli, perché io normale cittadino di Parigi, che lavoro tutti i giorni, potrei cambiare le sorti di un intero paese? Ma poi le idee hanno iniziato a circolare, al tempo c’erano i primi giornali e la comunicazione aveva tempi molto più lunghi rispetto ad ora, ma nonostante questo le idee erano talmente condivise da tutti che hanno iniziato le prime manifestazioni di dissenso, sono scesi per le strade e hanno cominciato una rivoluzione. Una rivoluzione violenta con armi e tanta rabbia.
Noi qui oggi con altrettanta rabbia abbiamo come uniche armi, le parole. Con queste parole noi vogliamo lanciare messaggi di pace, abbiamo riempito cartelloni con slogan pacifisti e invochiamo la diplomazia tra gli stati.Noi qui oggi portiamo la solidarietà per i popoli ucraini, atteggiamento fondamentale per una comunità unita in questo momento di crisi.
Questa manifestazione è simbolica, per molti stiamo ribadendo l’ovvio. Chi è che vorrebbe entrare in guerra? Chi è che vorrebbe la propria casa bombardata? Nessuno di noi. Ma forse dopo anni e anni di guerre ancora non si è capito quanto facciano male e siano distruttive per tutti. Non ci sono vincitori in guerra. Lo abbiamo sempre visto ascoltando le testimonianze di chi l’ha vissuta in precedenza . Lo abbiamo visto studiando la storia tra i banchi di scuola. E’ per questo che noi studenti siamo in piazza oggi, perché sappiamo che ciò che studiamo non deve capitare di nuovo. Sentiamo spesso dire che quello che ci viene insegnato non serva a nulla nella vita di tutti i giorni, ma non è così. Quanti esempi di soprusi da parte di potenze più grandi nei confronti di quelle più piccole abbiamo visto? Quante invasioni, perché è questo quello di cui si parla in questa situazione, abbiamo studiato? Quante volte abbiamo letto i versi di Ungaretti e Montale e ci siamo emozionati con le loro parole? Dopo tutte queste cose è ancora accettabile sentire parlare di guerra nel 2022? Dover sentire di civili costretti ad essere richiamati alle armi e ad abbandonare le loro famiglie con la quasi certezza di non rivederle mai più? E’ normale rimanere indifferenti dopo aver visto succedere qui, vicino a noi, tutto ciò che abbiamo letto sui libri di scuola e ci siamo ripromessi che non sarebbe mai più capitato?
Vorremmo anche contestare l’affermazione che nei giorni passati è stata fatta da molti: “alla fine la manifestazione non servirà a nulla”. E sì, se Parma fosse l’unica città a far sentire la propria voce probabilmente sarebbe vero ma questa è solo uno dei tanti interventi che stanno riempiendo le piazze di tutta Europa in questi giorni.A cosa serve dunque? sicuramente senza queste, sarebbe impossibile avvicinare a questa questione chi non si sente coinvolto e che la vede come qualcosa di molto lontano ma soprattutto, essendo in così tante città, è più probabile sensibilizzare i governi e farci ascoltare magari anche per mettere in atto misure più efficaci per bloccare l’invasione russa, per quanto effettivamente possa essere brutto da pensare. Per non parlare di quanto sia importante la solidarietà che stiamo trasmettendo in questo momento alle persone che si sono trovate senza una casa tutto d’un tratto dopo che il loro Paese è stato invaso e che stanno pagando per colpe che non hanno. Cambierà qualcosa di concreto? Ora come ora non possiamo saperlo. ma è meglio far sentire le nostre voci e lottare con le armi che abbiamo oppure stare zitti e immobili intanto che guardiamo queste ingiustizie crescere quotidianamente sotto i nostri occhi?
Non rimanete indifferenti. Per me e per noi partecipare a questa manifestazione è stato il modo per non farlo.
Eleonora Urbanetto, Elena Camuti Borani e Maria Chiara Priolo.