Il web e la condivisione del dolore
Data: 21 Gennaio 2025
Tag: Attualità
Di: Veronica Baldi e Maria Vittoria Eventi
[Immagine: Joan Mirò, Constellations]
In data 25 ottobre alcune classi del nostro Liceo hanno partecipato ad un incontro organizzato dal Dirigente scolastico in collaborazione con il progetto “Il rumore del lutto”. Il tanatologo Davide Sisto è stato chiamato per invitarci a riflettere sul seguente quesito:
“ È giusto esporre la malattia e il lutto sui social? ”
Come ricordato dal Dirigente scolastico, il tema della morte è molto presente nella tradizione sia occidentale che orientale e costituisce una parte centrale nella formazione della persona. Tuttavia, riconosciamo che la società contemporanea abbia un rapporto problematico con il lutto.
Il compito di un tanatologo, ha spiegato il prof. Sisto, è quello di riportare questo tema all’interno della società, che vive come se la morte non ci fosse. Da una parte ciò è dovuto ai progressi scientifici e medici che hanno allungato la vita media delle persone; dall’altra parte l’idea che l’uomo contemporaneo debba essere sempre produttivo e performante tende a nascondere la morte, vista come una manifestazione di fragilità.
Noi tutti oggi conduciamo una vita ibrida, definita ‘onlife’ dal filosofo Luciano Floridi: non sappiamo più distinguere dove finisca la dimensione online e inizi quella offline. Tutti i dati pubblicati rimangono registrati anche a seguito della morte degli utenti e, così, aumenta sempre più il numero di profili di persone decedute. L’aspetto che a noi interessa è, però, in che modo vengono utilizzati questi profili: capita che le persone care scrivano dediche dirette al deceduto, al suo profilo o, addirittura, prendano il controllo del profilo stesso, rendendolo nuovamente attivo.
Attraverso i social il dolore sta iniziando ad essere sempre più esposto. Numerosi sono i video TikTok e Youtube in cui si condivide il proprio dolore per la perdita di un familiare o di un animale domestico. In genere questa tipologia di video riscontra un’interazione forte e i commenti sono numerosi e positivi. E non parliamo solo di video: Facebook è pieno di gruppi creati da utenti per creare una comunità di persone che abbiano subito il loro stesso lutto o abbiano affrontato la stessa malattia. A farne parte sono le persone che, probabilmente, cercano quel sostegno che non trovano nella vita offline. Infatti, si tende spesso a credere che dopo un tale trauma la vita debba riprendere subito, ma non è così.
Possiamo parlare, dunque, di calore digitale?
Chiaramente, accanto a questi contenuti di una certa sensibilità, ne troviamo di più superficiali. Un esempio è la ‘moda’ dei selfie ai funerali, diffusa sul social di Instagram di qualche anno fa.
Era inevitabile, dunque, che queste nuove tendenze scatenassero un intenso dibattito. Il prof. Sisto ha specificato che gli adulti, in genere, assumono una posizione di rifiuto, sostenendo che i momenti di difficoltà debbano mantenersi nella sfera privata; inoltre l’esposizione del dolore è guardata con diffidenza, si crede che sia finalizzata al consenso pubblico. Al contrario, il prof. Sisto ha espresso la sua fiducia nell’utilizzo dei social in questo contesto: potrebbero diventare il mezzo per distruggere il tabù del lutto all’interno della nostra società. Inoltre le persone che decidono di esporsi possono trovarlo utile per convincersi ad accettare ciò che hanno dovuto subire.
Per concludere, il pubblico è stato invitato ad esprimere la propria a riguardo. Le opinioni emerse evidenziano una certa perplessità nei confronti delle comunità social e della genuinità di questi contenuti.
L’incontro è stata anche l’occasione di compiere molte altre riflessioni, perché la morte fa parte della vita ed il lutto e la perdita accompagnano ogni uomo. Per superare il lutto si possono percorrere due strade, ed una non esclude l’altra.
La strada della condivisione attraverso la comunicazione con gli altri, questo avviene per esempio con i social: rendendo gli altri partecipi della nostra sofferenza, il nostro dolore diventa più sopportabile e ci sentiamo meno soli nell’affrontarlo. Poi c’è il percorso individuale e intimo di ciascuno di noi, perché di fronte alla morte, ognuno è diverso nel suo sentire più profondo. Questo cammino personale deve fare i conti con quello che è stato il nostro vissuto, con il nostro io più vero e le sue fragilità.
Il dolore del lutto va comunque attraversato fino in fondo per poter essere, in qualche modo, placato e superato: solo vivendo il nostro dolore potremo scorgere in un presente di sofferenza, l’alba di un nuovo giorno. Sarà così che nella nostra vita riusciremo a trovare una nuova serenità, accettando la morte e il suo mistero. Ma la morte non è la fine, perché in essa vive anche un principio di eternità che supera la precarietà della nostra esistenza, la morte non cancella la vita, ma in qualche modo la esalta. Inoltre, continua a vivere ciò che siamo stati, vivono ancora i nostri sentimenti e i nostri legami: chi muore rimane nel ricordo dei vivi, oltre il tempo e lo spazio, per sempre, in un dialogo eterno. La morte, quindi, non è dirsi addio, ma custodire la memoria, facendo in modo che questa presenza ispiri la nostra vita, senza per questo farci vivere nel passato. Se viviamo nei cuori di coloro che lasciamo dentro di noi, questo non è morire. Pensare alla morte come ad una realtà che ci accomuna tutti può incoraggiarci a vivere questa vita che ci è data in modo più consapevole: dando importanza a ciò che veramente conta, liberandoci dal superfluo, insegnandoci a lasciare andare gli scontri, l’odio, la vendetta, per diventare così “costruttori” di un mondo migliore, perché tutti viviamo sotto lo stesso cielo.
Si ringrazia il dirigente scolastico e il prof. Sisto per questo spunto di riflessione sul nostro mondo digitale e ciò che si trova dietro lo schermo.
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