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Il vero rischio del Kazakistan

Data pubblicazione: 6 Febbraio 2022

Di: Vincenzo Piccirillo

[Immagine: Manifestazioni in Kazakistan]

Nelle ultime settimane in Kazakistan, la nazione più grande dell’Asia centrale, ci sono state varie rivolte dovute all’innalzamento dei prezzi del gas e alla ricerca di uno stato più democratico e aperto.

Le rivolte hanno messo in crisi in breve tempo il governo centrale guidato da Toqaev, figlio dell’ex presidente Nazarbayer, costringendolo a chiedere aiuto alla vicina Russia e rompendo anni di silenzio politico.

È proprio su quest’ultimo fatto che penso che tutti si debbano soffermare attentamente. Infatti con questa richiesta Toqaev ha reso palese che l’esercito e la polizia kazaka, nonostante i loro metodi brutali come sparare sui manifestanti, non sono abbastanza preparati da riuscire a stroncare le ribellioni interne. Detto con altre parole, i ribelli sono più forti dell’esercito Kazako ma il Kazakistan insieme alla Russia sono più forti dei ribelli. La cosa rende quindi Toqaev e con lui l’intero apparato statale dipendente del Cremlino esattamente come quando la nazione era una repubblica sovietica.

Un fatto analogo è successo anche in Bielorussia dove l’attuale presidente Lukashenko è salito al potere grazie a un colpo di stato orchestrato dalla Russia, la quale per questo motivo ha il potere di decidere se revocarne il ruolo o meno.

La “tecnica” di sostenere i regimi dittatoriali in crisi o di aiutarne la creazione per poterli rendere dipendenti è molto conveniente per gli stati che vogliono allargare la propria sfera di influenza senza subire conseguenze. Innanzitutto perché non si deve fare i conti con l’indignazione pubblica, poi non arrivano sanzioni da parte di altri stati e non si rompono i rapporti di amicizia con quest’ultimi.
Vincenzo Piccirillo

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