Giornalisti sul Campo: Cecilia Sala
Data: 28 Gennaio 2025
Tag: Attualità
Di: Francesco Tambini
Un altro evento che dimostra come ancora oggi quello del giornalista sia ancora un mestiere pericoloso: lo scorso 19 dicembre Cecilia Sala, giornalista italiana di Chora Media e del quotidiano on-line Il Post, mentre si trova nel suo albergo a Teheran con un valido visto giornalistico viene arrestata e portata presso il carcere di massima sicurezza di Evin, nella capitale iraniana. Rimane lì fino all’otto gennaio, quando viene liberata e riportata in Italia.
Successivamente ha dichiarato di essere stata bendata e portata in macchina fino al carcere, con la testa schiacciata contro il sedile anteriore, poi è stata rinchiusa in una cella di pochissimi metri quadrati, con una luce al neon costantemente accesa, nessun letto o mobile di alcun tipo, solo due coperte per dormire. Le è stato tolto tutto: i soldi, addirittura gli occhiali da lettura, ma soprattutto la possibilità di comunicare con il mondo esterno. Le è stato permesso, il giorno successivo all’arresto, di chiamare la sua famiglia, ma è stata obbligata a dire solamente che non era ferita. Poi, da quel momento, è stata interrogata quasi tutti i giorni, sempre bendata, subendo interrogatori sfiancanti e durati diverse ore.
Nei giorni seguenti l’Iran ha dichiarato che Sala era stata arrestata per “violazione delle leggi della Repubblica Islamica dell’Iran” ma senza specificare quale delle leggi.
È stata visitata, successivamente, dall’ambasciatrice italiana Paola Amadei, che le ha anche lasciato un pacco con generi alimentari, prodotti per l’igiene personale e libri da leggere, pacco che però Sala non ha mai ricevuto.
Quello di Evin è tristemente noto per essere uno dei carceri più pericolosi dell’Iran; vi sono rinchiuse tantissime persone che sono ritenute “pericolose” dalla Repubblica Islamica, come donne che hanno rifiutato di mettere il velo, giornalisti, oppositori politici, attivisti, le condizioni di vita all’interno, sono durissime, spesso anche peggiori di quelle in cui si trovava Cecilia Sala.
Secondo alcune organizzazioni per la difesa dei diritti umani, il carcere di Evin ospiterebbe circa 15000 persone, spesso tenute in celle sovraffollate e in scarsissime condizioni igienico sanitarie; spesso subiscono anche torture e maltrattamenti. Tutto ciò provoca, come si può immaginare, grandissimi rischi per la salute fisica e mentale dei detenuti. Sala ha in seguito dichiarato di aver temuto per i propri nervi, Alessia Piperno, invece, una blogger anche lei rinchiusa a Evin nel 2022 per 41 giorni, ha definito il carcere “un angolo d’inferno sulla terra”.
Fortunatamente, dopo diversi sforzi diplomatici, Cecilia Sala è stata liberata dopo 21 giorni ed è tornata in Italia, tuttavia ancora oggi nel carcere di Evin rimangono rinchiuse molte persone, senza speranza di liberazione, con solo l’accusa di aver perseguito l’idea di libertà in un paese in cui questa, purtroppo, non c’è.
Non è ancora chiaro perché Cecilia Sala sia stata rinchiusa a Evin, ma il fatto conferma come l’Iran non sia un paese libero ma sia un paese in cui è pericoloso per chi, come Cecilia Sala ed altri uomini e donne coraggiose, vuole anche solo fare il proprio dovere.
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