Le Barricate. Parma, 1922-2022
Il 2 aprile nell’Aula Magna del Liceo Classico e Linguistico G.D. Romagnosi in viale Maria Luigia si è celebrato il Centenario dalle Barricate di Parma (1922-2022).
L’evento, organizzato dalla Prof.ssa Fantuzzi, ha visto l’esibizione del Coro del Romagnosi, diretto dal Prof. Ivan Ferrari, dei Poeti di Parma e di ManìnBlù. Il Preside Professor Eramo ha aperto l’evento; la Prof.ssa Giuffredi ha ricordato come le Barricate di Parma furono un’insurrezione popolare per resistere ad una spedizione punitiva, a seguito di alcuni scioperi sindacali, avviata dalle squadre fasciste capitanate da Italo Balbo. L’evento, strutturato in cinque atti, è stata una rilettura delle Barricate di Parma, attraverso fatti della storia antica, moderna e della tragedia greca.
Atto I Le Barricate: Parigi 1832-Parma 1922
Il Primo Atto ha introdotto il pubblico alla storia delle Barricate del 1922, raccogliendo l’eredità dei moti parigini di novant’anni prima (1832); un’eredità, però, non fatta solo di date o numeri, ma anche di canti, storie e sensazioni. Il Coro del Romagnosi si è infatti esibito con i pezzi “Castle on a cloud” e “Do you hear the people sing?” provenienti dal musical “Les Misérables” di Claude-Michel Schönberg, tratto dal capolavoro di Hugo; le studentesse Anna Nouvenne, Anna Vecchi e Michela Bossi di IV E hanno poi letto, in inglese e in francese alcuni brani dello stesso musical, tra cui “Red and Black”, mentre veniva proiettata la sequenza della trasposizione cinematografica del 2012 dell’opera di Hugo-Schönberg, sulle notte di“ [….] Beyond the barricade/ Is there a world you long to see? [….]”.
Parigi, 1832.
“[….] It is the music of a people/ Who will not be slaves again [….]”
Fa caldo, l’afa è insopportabile, l’aria rarefatta: l’estate in città si fa sempre sentire: donne e uomini che lavorano, bambini che giocano all’ombra delle case, silenzio sonnacchioso nelle ore più calde; ma almeno questo, nell’anno del Signore 1832, non permeerà le mura di Saint-Merrill, nel giugno che fa da sfondo agli scontri popolari iniziati con il “Rendiconto” del 22 maggio: è il popolo, spesso relegato a elemento passivo degli oscuri giochi di potere della Storia, che a Parigi si scrolla dalle spalle questo ruolo e imbraccia le sue armi – pale, scope, rastrelli – per combattere nel nome della libertà e dei diritti; pur conscio del rischio di andare incontro a repressioni, all’esilio o, nel peggiore dei casi, alla morte.
Questo è il fulcro centrale della celeberrima e monumentale opera “Les Misérables” di Victor Hugo che, insieme al musical e ai film successivamente tratti dal libro, costituisce la base del primo atto dell’evento.
Atto II “In-giustizia” anarchia e barricate, il caso Sacco e Vanzetti
“The last and final moment is yours/ That agony is your triumph”
Il Secondo Atto ha portato in scena il contrasto tra legge e morale, giustizia e ingiustizia. Il Coro del Romagnosi si è infatti esibito sulle note di Here’s to you, Nicola and Bart, celebre colonna sonora del film Sacco e Vanzetti (1971), firmata dal genio Ennio Morricone e interpretata da Joan Baez.
Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti furono due anarchici italiani ingiustamente condannati alla sedia elettrica. Nel brano eseguito dal Coro viene infatti mostrato l’elemento dell’ingiustizia e della sofferenza, che emergeranno anche nell’Antigone di Sofocle, tragedia nella quale le leggi non scritte della famiglia si contrappongono alle leggi dello stato.
Si sono infatti esibiti gli studenti di IVE e IVB, interpretando ognuno un personaggio della tragedia classica o della storia antica: Giovanni Manzo (Polinice), Sofia Babarelli (Ismene) Arjela Dervishaj (Antigone), Beatrice (Archidamia), Francesca Panepinto Del Carmen (Chilonide); tutti combattenti per la libertà e la giustizia.
Nell’Antigone di Sofocle, infatti, il tiranno Creonte vieta di seppellire Polinice, il fratello di Antigone, in quanto considerato nemico della città di Tebe; Antigone tuttavia contravviene agli ordini, morendo in nome della giustizia.
Nelle Vite Parallele di Plutarco, si racconta come nel 272 a.C. Chilonide, regina di Sparta e Archidamia, valorosa nobile spartana, indussero la città a resistere all’assedio di Pirroe dello spartano rinnegato Cleonimo (marito di Chilonide) e, alla fine, vinsero grazie anche al principe Acrotato (amante di Chilonide).
Hanno concluso l’atto il poeta Luca Ariano con poesie tratte dalle sue raccolte di poesie, La memoria dei senza nome da Ero altrove, la poetessa Emanuela Rizzo con la lettura di poesie tratte dalle sue raccolte “Insensibili” e “Riposano”; quindi Alberto Padovani, cantautore di Maninblu con le canzoni “Alle barricate” e “La ballata veloce della Parma”.
Atto III: Un mondo migliore
“[….] I want to see my Savior’s face. /Heaven is a wonderful place.”
L’atto III è stato indubbiamente fondato sui contrasti.
La terza parte dello spettacolo esordisce infatti con due canti eseguiti dal Coro del Romagnosi, “Heaven” e “Ipharadisi”, due iconici pezzi transcontinentali di ispirazione gospel, tipicamente caratterizzati dalla speranza inesauribile di raggiungere una condizione migliore nell’ora del trapasso; è la musica degli emarginati, degli oppressi, degli schiavi di ogni epoca, pronti a riporre la loro vita nelle mani di un Altro.
Ha seguito la lettura di alcune poesie di Luca Ariano tratte dalla sua raccolta “Contratto a termine”: a prima vista, un crollo della narrazione precedentemente costruita dai canti. Uomini stanchi e delusi, svuotati dalla società contemporanea e dalle sue frenesie popolano gli scritti dell’autore, rivelando gli spiriti ormai morti di antichi combattenti che, seduti in un fast food il 25 aprile, si chiedono per cosa si sia combattuto; anche gli animi più forti, infatti, sono stati piegati dalla forza opprimente dell’ultimo secolo, che vaga in un profondo oblio senza sicurezza e identità: l’importante è produrre, guadagnare, arricchirsi, prendere parte alla grande catena di montaggio mondiale senza chiedersi un perché o, addirittura, fermarsi.
Uno spirito traboccante e quasi convulso e uno deperito, un ideale saldo e un’anima in pena: nulla sembrerebbe accomunare i due tratti del percorso del terzo atto; bisogna, infatti, fermarsi ed osservare più da vicino i dettagli per cogliere il nesso indissolubile tra il vuoto ed il pieno traboccante, l’Inno alla Gioia e il Requiem, rappresentato dalla Storia. I canti e le poesie, infatti, rappresentano una sensazione ugualmente rappresentata agli antipodi: se da un lato, si ha un canto ricco di speranza con argomenti tetri quali l’arrivo della morte e l’esistenza degli indigenti, dall’altro vengono presentati personaggi accesi da una forza interiore gradualmente smorzata dallo scorrere degli eventi, lenti ma inesorabili come le acque di un fiume, senza più la facoltà di poter agire su di essi; è quindi nella pena che si trova il tema comune delle due parti che, sebbene agli antipodi per il vigore quasi disperato di una e la resa “accidiosa” dell’altra, constatano una situazione di triste comprensione e di difficile soluzione, dovendo combattere con nemici -talvolta incorporei- instancabili.
A chiudere l’atto vi è poi l’intervento di Alberto Padovani, cantautore Manìnblù con la canzone “Compagna di Maggio”, suo pezzo inedito che racconta la sua personale visione delle Barricate a Parma.
“[….] Kulapho so phumla khona, Ipharadisi” (Qui è dove riposiamo, il paradiso – traduzione dal kosu)
Atto IV: La Storia ci insegna o ci ispira?
“Se la luna piena/ Poi diviene/ È perché il bambino/ Dorme bene”
Nell’atto IV si è esplorata una nuova frontiera, quella del peso della storia nella vita degli uomini; se, infatti, questi sono prima di tutto figli del passato e di ciò che li ha resi tali, si percepisce in alcuni particolari momenti la necessità di “staccarsi” dai momenti salienti degli anni precedenti, come per formare una nuova, leggera personalità: una situazione già vista, per esempio, nelle poesie di Luca Ariano in precedenza, in cui dimenticanza e volontà -o necessità- di guardare avanti si mescolano sullo sfondo di una nuova e frenetica società. Un primo spunto di riflessione viene fornito dal Coro del Romagnosi che, proponendo una cover di “Figlio della Luna” del gruppo spagnolo dei Mecano, canta “Dimmi, luna d’argento/ Come lo cullerai/ Se le braccia non hai”: la storia, infatti, diviene la metafora dell’equilibrio della genitorialità, tanto premurosa quanto consapevole che i figli non costituiscono una loro proprietà; Padovani dei ManìnBlù, invece, sottolinea l’altro filo conduttore dell’atto, cioè la partecipazione: con “La storia” di Francesco De Gregori, il protagonismo, singolare o di una collettività, rappresenta una consapevolezza -e non un obiettivo- che ogni uomo deve avere ben chiara nelle scelte quotidiane a cui si sottopone, quasi come monito di responsabilità etica e civile. Il repertorio dell’atto IV, quindi, si propone di fornire allo spettatore gli strumenti necessari a prendere coscienza della sua visione di storia, raccogliendo indirettamente l’eredità di quella massa di proletari e poveri che, senza volontà di apparire, hanno conquistato insieme l’immortalità nelle pagine dei libri e, finché sarà vivo, il ricordo nelle nostre coscienze.
Il Coro, infine, ha concluso il suo intervento con la canzone “Caravan of love” dei The Housemartins.
“Now the children of the world can see/ There’s a better place for us to be”
Atto V: Oltre la Barricata
“But it’s not a crime that you’re hear tonight/ It’s not some pilgrim who claims to have seen the Light/ No, it’s a cold and it’s a very broken Hallelujah”
L’ultimo atto dell’evento è stato affidato alle parole della conduttrice, la professoressa Martine Chantal Fantuzzi, che si è inoltrata nelle pagine dei suoi due saggi “Gli ultimi re di Sparta” e “L’Agide di Alfieri e il mito degli ultimi re di Sparta” illustrando i contrasti tra Rivoluzione e Illusione: l’ultima parte del pomeriggio, infatti, è stata dedicata al futuro dietro alle barricate e alle conseguenze che questi atti di ribellione comportano. Proprio per questo, è necessario appoggiarsi nuovamente all’aiuto della storia e, in particolare, agli eventi che scossero Sparta nel 272 a.C.; infatti, come racconta la prof.ssa Fantuzzi, la regina spartana Archidamia, che è citata da Plutarco, fu la nonna di Agide IV, giovane sovrano dallo spirito riformatore condannato a morte del 241 a.C. dal collega Leonida II proprio per le politiche riformatrici, sviluppate sulla base degli insegnamenti del mitico Licurgo, che lo spingevano a voler riportare libertà e parità. Da queste vicende, Vittorio Alfieri scrisse nel 1786, la tragedia “Agide”, proprio pochi anni prima della Rivoluzione Francese che avrebbe, di fatto, eradicato la monarchia dalla Francia; tuttavia, Alfieri riscontrò nella ribellione aspetti ben più negativi di quello che si sarebbe aspettato, arrivando, quindi, a scrivere il “Misogallo” e la commedia “I Pochi”, opere nelle quali criticava il degenerare della Rivoluzione in Terrore; in particolare, in quest’ultima, si ha la denigrazione dei fratelli Gracchi, considerati i paralleli di Agide IV del mondo latino. “Tutto ciò”, commenta infine la professoressa, “dimostra come l’interpretazione della Storia sia poliedrica e variabile, ma gli esempi di valore (Sparta 272 a.C., Parigi 1832 e soprattutto Parma 1922) e di ingiustizia (Antigone, Polinice, Sacco e Vanzetti), rimangano nei secoli”.
Non resta, quindi, che metabolizzare tutto ciò che si è appena ascoltato con le note della celeberrima “Hallelujah” di Leonard Cohen, che apre le porte ad un mondo allo stesso tempo fatato e sensuale, decisamente fuori dai canoni realistici.
L’evento si conclude, la folla di dipana; le auto tornano a nuova vita, le biciclette stridono sull’asfalto e gli ultimi passi risuonano nell’atrio, uniti a un clangore di chiavi.
Questo 2 aprile ha permesso ai presenti di assumere appieno la consapevolezza dei ponti che le persone, inconsapevolmente, sanno costruire nonostante le distanze geografiche e temporali: i parmigiani in armi, gli ultimi re di Sparta, l’Antigone, i moti di Parigi, sono eventi storici importanti, ma rappresentano in primis le vite delle persone che, attanagliate dai dubbi odierni, decidono con fermezza la strada che vogliono intraprendere e fungono da exempla per i posteri di coerenza e decisione, regalando alle future generazioni -talvolta inconsapevoli di raccogliere una simile eredità- dei desideri in cui credere, come sottolineato anche da alcuni canti. Questa ricorrenza, quindi, significa sì ricordo, ma anche rinascita, una fenice che, ogni volta, risorge dalle ceneri degli eventi passati e si fortifica; il rischio però di dimenticare, ricordato da alcune poesie, deve mettere in allarme coloro che vivono nel presente, in modo tale da saper evitare di annegare nell’oscuro oblio che, spesse volte, costituisce la corrente principale della società.
Non credo, infine, che il 2 aprile 2022 sarà una data che i presenti si scorderanno presto, perché ha significato troppo per relegarla a mero numero del calendario: oltre che ad un evento culturale e storico importante, ha rappresentato un nuovo inizio dei concerti in presenza del Coro del Romagnosi, la scoperta di autori e cantautori appassionati della propria Storia e del proprio territorio, studenti e docenti che si sono messi in gioco per il desiderio di trasmettere una conoscenza fatta di date ma, prima di tutto, di storie di esseri umani; l’ennesima eredità raccolta, quindi, dai personaggi del passato, capaci di ricongiungere le persone nel loro nome.