Qualcosa per cui lottare
Data: 27 Aprile 2022
Tag: Attualità
Di: Irene Arneodo
“Il mondo è un bel posto e per esso vale la pena lottare”
scriveva Ernest Hemingway.
È questa consapevolezza e convinzione, tanto semplice quanto
essenziale per le studentesse e gli studenti scesi in piazza il 25
marzo, che oggi spinge tanti, quasi tutti i giovani, ad alzare la
propria voce per reclamare il futuro a cui hanno diritto.
Sono tornate le proteste per il clima di Fridays for Future e centinaia
di persone sono tornate in piazza a manifestare con lo slogan di
“people not profit” e sotto la bandiera della pace, in un lungo corteo
iniziato a barriera Bixio e passato per viale Maria Luigia, con lo
scopo di esortare altri studenti ad unirsi alla protesta al grido i
“scendi giù, manifesta pure tu”.
“Si tratta del nostro futuro” grida nel megafono un’attivista tra gli
organizzatori della manifestazione e continua “è importante che vi
uniate a noi”.
Il corteo ha poi percorso via Bixio e via Mazzini, al grido di “se non
cambierà bloccheremo la città”.
“Che cosa vogliamo?” Grida qualcuno al megafono “Giustizia
climatica!” Rispondono i manifestanti. “Quando lo vogliamo!?”
“Ora!”
Il corteo volge al termine in piazzale della Pace dove, seduti in
cerchio sul prato, i partecipanti si riuniscono in un’assemblea nella
quale tutti sono invitati ad intervenire per dare il proprio contributo
alla conversazione in corso.
Nei numerosi interventi, gli oratori hanno dato modo alla piazza di
scoprire ed esplorare le intersezioni esistenti tra problemi
ambientali, alimentazione e diritti degli animali, disparità
socioeconomiche (anche di genere e di classe) e logiche
capitaliste, belliche e patriarcali di sfruttamento di persone e risorse.
Tra le altre istanze dei manifestanti, la critica all’attuale sistema di
alternanza scuola-lavoro e la lotta contro i progetto che prevede
l’ampliamento della pista dell’aeroporto di Parma, già tra le aree più
inquinate dell’Unione europea, e l’aumento dei voli fino ad arrivare
a uno ogni dodici minuti.
Nelle voce dei manifestanti si percepisce tutta quella rabbia che, se
male incanalata, avrebbe potuto trasformarsi in comportamenti
autodistruttivi o rivolgersi contro un capro espiatorio, ma che, se
sfruttata nel modo giusto, potrà diventare l’energia, il carburante
necessario a cambiare le cose.
“Anger is an energy”, cantavano i Public Image Limited in “Rise”.
E avevano proprio ragione.